IL GIUDICE DI PACE 
 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza ai sensi dell'art. 23, legge
11 marzo 1953, n. 87,  nell'ambito  del  procedimento  in  camera  di
consiglio (ai sensi degli artt. 737 e seguenti  del  c.p.c.  e  degli
artt. l3 e 14 del d.lgs. n. 286/1998 e successive  modificazioni)  di
convalida del provvedimento del Questore di Messina  del  5/6/2013  e
della richiesta di convalida della Questura di Roma del 7/6/2013  del
trattenimento stesso, emesso ai sensi  dell'art.  14  del  d.lgs.  n.
286/1998 (modificato dall'art. 13 c.  5  della  legge  n.  189/2002),
presso il Centro di  identificazione  ed  espulsione  di  Roma  Ponte
Galeria, della cittadina di paese terzo  (extracomunitaria)  Yu  Feng
Hua, nata in Cina Popolare il 9/10/1981, di nazionalita' cinese. 
I) Descrizione della fattispecie. 
    Il giorno 5/06/2013 la cittadina di paese terzo Yu  Feng  Hua  e'
stata espulsa dal Territorio nazionale con provvedimento del Prefetto
di  Messina  del  5/06/2013,  immediatamente  esecutivo,   ai   sensi
dell'art. 14 del d.lgs. n. 286/1998,  (cosi'  come  modificato  dalla
legge n. 189/2002 e successive  modifiche;  decreto-legge  n.  241/04
convertito dal d.lgs.  n.  271/04,  decreto-legge  23/06/2011  n.  89
convertito in legge 2 agosto 2011 n. 129) e notificato alla cittadina
di paese terzo il giorno 6/06/2013; 
    Il giorno 6/06/2013 la sig. ra Yu Feng Hua  e'  stata  trattenuta
presso il Centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria in
Roma,  in  seguito  a  provvedimento  del  Questore  di  Messina  del
5/06/2013, di esecuzione del predetto provvedimento di espulsione del
Prefetto di Messina del  5/06/2013,  ed  e'  stata  depositata  nella
Cancelleria dell'Ufficio del  Giudice  di  Pace  di  Roma  il  giorno
8/06/2013 la richiesta della Questura di Roma del giorno  7/06/13  di
convalida del predetto provvedimento di trattenimento  del  5/6/2013,
ai sensi dell'art. 14 del decreto legislativo n. 286/1998 (cosi' come
modificato  dall'art.  13  c.  5  della  legge  30/7/2002  n.  189  e
successive modifiche). 
    Nel corso dell'udienza di convalida,  celebratasi  il  giorno  10
giugno 2013 in un locale del Centro di identificazione ed  espulsione
di Ponte Galeria in Roma, il Giudice di Pace, sentite le  parti,  con
ordinanza emessa all'esito dell'udienza di convalida, ha ritenuto  di
ufficio che dovesse essere  sollevata  la  questione  incidentale  di
legittimita' costituzionale: 
        a) dell'art.  13  comma  5-ter  del  decreto  legislativo  n.
286/1998,  come  sostituito  dal  decreto-legge  n.  241   del   2004
convertito  nella  legge  n.   271/2004;   e   b)   dei   Centri   di
identificazione ed espulsione,  come  da  ordinanza,  sospendendo  il
procedimento in  corso  per  la  convalida  del  trattenimento  della
cittadina  di  paese  terzo  Yu  Feng  Hua  presso   il   Centro   di
identificazione ed espulsione di Roma Ponte Galeria,  per  violazione
al punto a) degli artt. 2, 3, 10, 13, 16, 23, 24, 25,  97,  111,  113
della Costituzione ed in  relazione  all'art.  5,  della  Convenzione
europea dei diritti umani, ratificata e resa esecutiva  con  legge  4
agosto 1955, n. 848; ed al punto b) degli artt. 2, 3, 10, 13, 16, 23,
24, 25, 97, 111, 113 della Costituzione ed in  relazione  all'art.  5
della Convenzione  europea  dei  diritti  umani,  ratificata  e  resa
esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848; 
    In quanto rilevanti e non manifestamente infondate. 
    Va premesso che 
        1) l'avvocato di fiducia  dell'espulsa  si  e'  opposto  alla
convalida del trattenimento della predetta cittadina di  paese  terzo
per l'inesistenza delle notifiche degli atti e per l'inutile  decorso
del termine di quarantotto ore per il deposito degli atti  presso  la
Cancelleria del Giudice di Pace di Roma in quanto  adottati  in  data
5/6/2013 e depositati  in  Cancelleria  soltanto  in  data  8/6/2013,
richiamando l'art. 14  c  .3  del  d.lgs.  n.  286/98  laddove  viene
disposto il deposito entro 48  ore  dall'adozione  del  provvedimento
stesso e non 72 ore; 
        2) la Questura di Roma, rappresentata da  un'assistente  capo
della Polizia di Stato  ha  chiesto,  di  contro,  la  convalida  del
predetto trattenimento ed ha fatto presente che era stato disposto il
trattenimento della straniera presso il CIE di Ponte Galeria di  Roma
dal Questore di Messina, in base ai fax ed  alle  lettere  depositati
agli atti, in cui si specifica che il Ministero dell'interno, in data
6/6/2013, ha comunicato la disponibilita' indicate dalle Questure ove
sono ubicati i  CIE  eccependo  la  tempestivita'  del  deposito  del
provvedimento di trattenimento in data  6/06/2013  depositando  n.  2
documenti in copia, su richiesta del giudice  di  pace:  un  fax  del
Ministero  dell'interno   Dipartimento   della   Pubblica   Sicurezza
Direzione Centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle  Frontiere
del 6/06/2013 diretto alla Questura di Messina e p.c.  alla  Questura
di Roma, nel quale viene evidenziato che nel decreto di trattenimento
deve essere specificato che il CIE di Roma - Ponte Galeria e'  quello
piu'  vicino  con   effettiva   disponibilita'   di   posti   e   che
l'accompagnamento dovra' avvenire entro le ore  20,00  salvo  diversi
accordi tra le Questure (posto assegnato n. 1,  sesso  F  Stato  Cina
Popolare); 
    e l'altro fax della Questura di Messina con la data 6 giugno 2013
avente ad oggetto l'accompagnamento della cittadina  cinese  Yu  Feng
Hua al Centro di identificazione ed espulsione di Roma Ponte  Galeria
nel  quale  viene  riportato  che,   come   disposto   dal   servizio
immigrazione di Roma presso codesto Centro per  la  permanenza  e  la
conseguente espulsione dal territorio nazionale, la persona  indicata
in oggetto, raggiunta dal provvedimento di espulsione emesso in  data
odierna dal Prefetto di Messina, si allegavano i  documenti  relativi
al decreto di espulsione del Prefetto di Messina, in data odierna, al
decreto di trattenimento al CIE emesso in data odierna  dal  Questore
di Messina, al verbale di notifica del trattenimento presso il CIE  e
di esecuzione della misura, al verbale di  notifica  del  decreto  di
espulsione, alla documentazione relativa  ai  decreti  di  espulsione
emessi dal Prefetto di Catania in  data  19/11/2012,  al  certificato
medico, ai cartellini foto dattiloscopici a 4 fototessere alla  copia
della nota sul rintraccio. 
    L'avvocato di fiducia della cittadina di paese terzo, quindi,  ha
insistito  perche'  non  venisse  convalidato  il  trattenimento  per
decorso del termine,  in  quanto  erano  decorse  oltre  48  ore  dal
provvedimento del Questore di Messina del 5/6/2013 del  trattenimento
presso il CIE  di  Ponte  Galeria  di  Roma  per  il  deposito  nella
Cancelleria del Giudice di Pace di  Roma,  mentre  la  rappresentante
della Questura di Roma ha insistito per la convalida della  richiesta
di trattenimento della stessa cittadina di paese terzo da parte della
Questura di Roma, in quanto emessa in data  7/06/2013  doveva  essere
considerata dal Giudice di Pace tempestiva ed entro le  48  ore  come
previsto dal d.lgs. n. 286/1998. 
    Il Giudice di Pace, nel dubbio  tra  le  due  opposte  richieste,
sospendeva il procedimento in corso ritenendo che non fosse possibile
decidere  in  base  agli  atti  ed  alla  legislazione   vigente   se
convalidare o meno il provvedimento di trattenimento  della  Questura
di Messina del 5/6/2013, asseritamente notificato il 6/6/2013, oppure
quello di richiesta di trattenimento della Questura di Roma emesso in
data 7/06/2013, entrambi depositati  l'8/06/2013  dalla  Questura  di
Roma nella Cancelleria del Giudice di Pace di Roma, anche  alla  luce
della situazione di fatto rappresentata dalla disamina degli  atti  e
dalla non ragionevolezza delle norme  citate  di  cui  al  d.lgs.  n.
286/98,  relative  all'accertamento  di  quale  fosse  il  Centro  di
identificazione ed espulsione piu' vicino, nonche' di quale fosse  il
locale idoneo reso disponibile e fornito dalle questure al giudice di
pace, al fine di assicurare  la  tempestivita'  del  procedimento  di
convalida di cui ai commi 4 e 5 dell'art. 13 ed all'art. 14  comma  1
indicato dall'art 13 comma 5-ter del d.lgs. n. 286/1998,  cosi'  come
modificato dalla successiva legislazione,  essendovi  violazione  del
principio predetto di ragionevolezza in base al quale le disposizioni
normative contenute in atti aventi  valore  di  legge  devono  essere
adeguate o congruenti rispetto al fine perseguito dal legislatore,che
in questo  caso  ha  violato  il  predetto  principio  essendo  stata
riscontrata   una   contraddizione   all'interno    della    predetta
disposizione legislativa oppure tra essa  ed  il  pubblico  interesse
perseguito, e la verifica della irragionevolezza della predetta legge
comporta l'indagine sui presupposti di fatto,  la  valutazione  della
congruenza tra mezzi e fini, l'accertamento degli stessi  fini,  come
si puo' constatare dagli stessi  lavori  preparatori  della  predetta
legge. dalle circolari  ministeriali  esplicative  e  dai  precedenti
storici  dell'istituto,  in  analogia  con  la   normativa   relativa
all'ordinamento penitenziario. 
II) Rilevanza della questione proposta. 
    Quanto alla rilevanza si osserva che: 
        a)  le  situazioni  concrete  relative  alle  convalide   dei
provvedimenti  incidenti  sulla  liberta'   personale   emanati   dal
Questore, che possono essere effettuate  negli  stessi  locali  della
Questura, come quelli  presenti  nei  centri  di  identificazione  ed
espulsione, dove il  giudice  di  pace  dovrebbe  recarsi  ed  essere
assistito da  appartenenti  alla  Polizia  di  Stato,  destano  serie
perplessita' sulla interpretazione  della  normativa  predetta  della
quale appare  evidente  la  rilevanza  che  nel  caso  in  specie  e'
determinata dalla mancanza di ragionevolezza nel dover  interpretare,
di  volta  in  volta,   sulla   base   di   norme   indeterminate   e
sostanzialmente sub potere  esecutivo,  rappresentato  dal  Ministero
dell'interno, che  decide  autonomamente  quali  siano  i  Centri  di
identificazione ed espulsione in tutto il territorio  nazionale  dove
far trattenere cittadini di paesi terzi espulsi anche a  centinaia  e
centinaia di chilometri di distanza per cui il sindacato  del  potere
giurisdizionale viene compresso, non essendovi norme legislative  che
regolamentino la materia, se non la  generica  dizione  dell'art.  13
comma 5-ter del d.lgs.  n.  286/1998  nel  quale  vengono  citate  le
questure e neppure il Ministero dell'interno ma  non  viene  indicato
quali siano le questure competenti quelle del  trattenimento,  oppure
quelle della richiesta del trattenimento,  oppure  quelle  dove  sono
situati  i  Centri  di  identificazione  ed  espulsione  oppure,   in
definitiva, quelle decise dal Ministero dell'interno. 
    Ed il giudice di pace della convalida del trattenimento, poi,  in
base al d.lgs. n. 286/1998,  viene  di  fatto  scelto  dal  Ministero
dell'interno scegliendolo in base alla competenza territoriale  delle
questure  dove  vengono  forniti  i   locali   per   lo   svolgimento
dell'udienza, non essendo  legislativamente  determinato  il  giudice
naturale come previsto dalla Costituzione all'art. 25, ed il  giudice
di pace dovrebbe recarsi, a discrezione del potere esecutivo,  presso
uno dei Centri di identificazione ed espulsione esistenti in tutto il
territorio  nazionale  o  presso  le  Questure,  oppure  presso   gli
Aeroporti, oppure presso altri luoghi per verificare l'osservanza dei
termini, la sussistenza e legittimita' del decreto di espulsione,  la
sussistenza e legittimita' del provvedimento di trattenimento per  la
relativa tempestiva  convalida  nel  rispetto  dei  termini,  con  la
verifica di eventuali situazioni personali di stranieri trattenuti in
possesso dei requisiti di cui all'art.  19  del  d.lgs.  n.  286/1998
(divieti di espulsione e di  respingimento),  in  base  ai  quali  in
nessun caso puo' disporsi l'espulsione o il respingimento  verso  una
Stato in cui lo straniero possa essere oggetto  di  persecuzione  per
motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di  religione,
di opinioni politiche, di  condizioni  personali  o  sociali,  ovvero
possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non
sia protetto dalla persecuzione ed inoltre  deve  verificare  che  lo
straniero non sia minore di diciotto anni, salvo il diritto a seguire
il genitore o l'affidatario espulsi, che  lo  straniero  non  sia  in
possesso del permesso di soggiorno di lunga  durata  e  che  non  sia
convivente con parenti entro il secondo grado o  con  il  coniuge  di
nazionalita' italiana, e  che  la  straniera  non  sia  in  stato  di
gravidanza o nei sei mesi successivi  alla  nascita  del  figlio  cui
provvedono (esteso quest'ultimo requisito anche al marito  convivente
della donna in stato di gravidanza o nei  sei  mesi  successivi  alla
nascita del figlio in base alla sentenza della  Corte  costituzionale
n.  376  del  7/7/2000)  ed  ove  la  pronuncia   giudiziale   giunga
tardivamente, ovvero il giudice non convalidi  il  trattenimento,  il
provvedimento del questore perde ogni effetto, ed avendo i decreti di
convalida e di proroga di trattenimento  pieno  contenuto  decisorio,
con natura  sostanziale  di  sentenza,  implicano  una  presenza  del
giudice, che  deve  imparzialmente  decidere,  e  che,  nel  caso  di
svolgimento dell'udienza nei locali dei centri di identificazione  ed
espulsione, non  puo'  esaminare  gli  atti  se  non  velocemente  ed
altrettanto  velocemente  decidere  sulla  liberta'   personale   dei
cittadini di paesi terzi. 
    L'irragionevolezza della predetta legge fa si'  che  sia  affetta
dal vizio  dell'eccesso  di  potere  legislativo  e  dovrebbe  essere
ritenuta costituzionalmente illegittima. 
        b)  sussiste  il  dubbio  sull'illegittimita'  costituzionale
dell'art  14  del  d.lgs.  n.  286/1998  laddove  cita  i  Centri  di
identificazione ed espulsione «quelli individuati  o  costituiti  con
decreto del Ministero dell'interno, di concerto con i Ministri per la
solidarieta'  sociale  e   del   tesoro,   del   bilancio   e   della
programmazione economica». 
    Il rinvio ad  una  fonte  secondaria  (decreto  ministeriale)  e'
problematico: lo  e'  sotto  il  profilo  della  fonte  dei  modi  di
detenzione e lo e' anche dal punto di vista della determinazione  per
legge  dei  casi  di  trattenimento.  Infatti,  in   relazione   alla
destinazione funzionale dei centri ad una o piu' delle ragioni  sopra
indicate, la legge non s'incarica di stabilire parametri di carattere
generale  ed  orientativo  della   discrezionalita'   del   Ministero
dell'interno nell'individuare centri gia' esistenti  come  «strutture
immobiliari» (evidentemente per altri fini) o costituirne di nuovi. 
    Sussiste il  dubbio  sull'incostituzionalita'  dell'istituto  del
trattenimento  degli  stranieri  nei  centri  di  identificazione  ed
espulsione in  rapporto  al  diritto  di  liberta'  personale  ed  in
rapporto al  principio  di  eguaglianza  e  non  discriminazione  nel
godimento dei diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione  (art.
3, art. 10, art. 13 Cost.); 
        esiste  anche  il  dubbio  che  le  norme  che  regolano   il
trattenimento  degli  stranieri  nei  centri  di  identificazione  ed
espulsione rispettino le singole garanzie  della  liberta'  personale
previste dall'art. 13 della Costituzione; 
        ed e' discutibile l'intrinseca ragionevolezza delle misure  e
la proporzionalita' tra le stesse ed il fine  perseguito  essendo  le
misure del trattenimento incidenti  sulla  liberta'  personale  (atto
coercitivo con il quale le forze di polizia attuano o ripristinano un
provvedimento di  trattenimento  nel  centro  di  identificazione  ed
espulsione)  disposto  dal  Questore  sia  nella  stessa   condizione
giuridica in cui si trova lo straniero trattenuto. 
    La  Costituzione  prevede  la  possibilita'  della   riserva   di
determinate materie o oggetti alla legge e cio' rappresenta un limite
per  il  legislatore  che  non  puo'  consentire  a  fonti  di  rango
secondario  (i  regolamenti  dell'esecutivo)  di  intervenire   nella
disciplina di queste materie,  se  non  in  modo  marginale,  e  deve
regolare  compiutamente  gli  oggetti  in   modo   da   limitare   la
discrezionalita' delle  autorita'  amministrative  e  giurisdizionali
chiamate a concretizzare il dettato legislativo. Nel caso in esame  i
centri di identificazione ed espulsione dovrebbero essere interamente
regolati dalla legge, e non lo sono attualmente, essendovi un caso di
riserva di legge quello previsto dagli artt. 13, 14, 15, 25, 97 della
Costituzione. La funzione della riserva di  legge  e'  essenzialmente
garantista in materia  di  limitazione  dei  diritti  fondamentali  o
dell'organizzazione dei pubblici uffici o  di  importanti  organi  e,
secondo la Costituzione, e' giusto che  le  decisioni  vengano  prese
dall'organo piu' rappresentativo, il Parlamento, in cui trova  spazio
la dialettica democratica fra maggioranza ed opposizione. 
    Il   testo   unico   dell'immigrazione   non   contiene   nessuna
prescrizione circa le modalita'  del  trattenimento  nei  CIE,  salva
l'indicazione del tutto generica che deve trattarsi di modalita' tali
da assicurare assistenza e pieno rispetto  della  dignita';  che  «e'
assicurata  in  ogni  caso  la  liberta'  di   corrispondenza   anche
telefonica con l'esterno» (art. 14, co.  2)  e  che  «ai  fini  della
comunicazione   allo   straniero   dei   provvedimenti    concernenti
l'ingresso, il soggiorno e  l'espulsione,  gli  atti  sono  tradotti,
anche sinteticamente, in una lingua comprensibile al destinatario»  o
comunque in una delle lingue «veicolari» (art.  2,  co.  6).  Innanzi
tutto si deve escludere che  il  riferimento  alla  traduzione  degli
«atti» sia rilevante o comunque sufficiente ai fini della definizione
delle modalita' di restrizione della liberta' personale;  cosi'  come
si deve escludere la sufficienza della  garanzia  della  liberta'  di
corrispondenza (che e' un  aspetto,  ma  non  si  identifica  con  la
liberta' personale, della cui  dimensione  complessiva  si  interessa
l'art. 13, co. 2, Cost.). 
    Cio' premesso, ci troviamo di fronte ad una sostanziale omissione
di prescrizioni specifiche di rango legislativo sulle  modalita'  con
le quali  e'  realizzata  la  restrizione  della  liberta'  personale
disposta dall'art. 14 del testo unico dell'immigrazione. 
    La legge  26  luglio  1975  n.  354  (ordinamento  penitenziario)
stabilisce le condizioni generali  del  trattamento  penitenziario  a
partire    dalla    precondizioni    essenziali:    partendo    dalle
caratteristiche degli edifici, per  continuare  con  il  vestiario  e
corredo, l'igiene, l'alimentazione, il servizio  sanitario,  fino  al
regime ed all'organizzazione, fra cui  le  disposizioni  in  tema  di
visite agli istituti, e via dicendo. E, per tutto cio' che in ragione
del grado di dettaglio non e' contenuto nelle prescrizioni di  legge,
provvede l'apposito regolamento, approvato con  d.P.R.  (attualmente,
n. 230/2000). Cosi', ad esempio, se la norma di legge prevede  che  i
locali nei quali si svolge la vita di  detenuti  e  internati  devono
essere di ampiezza sufficiente ed  illuminati  con  luce  naturale  e
artificiale (art. 6),  quella  regolamentare  stabilisce  i  dettagli
delle condizioni  igieniche  e  di  illuminazione  (es.,  attivazione
dell'illuminazione   sia   dall'interno,   per   i   detenuti,    sia
dall'esterno, per il personale). Si tratta di prescrizioni le  quali,
sia  per  la  legge  sia  per  il  regolamento,  valgono  in  maniera
indistinta per tutti gli istituti penitenziari  di  qualunque  angolo
del territorio nazionale. 
    Per i Centri di identificazione  ed  espulsione  nulla  di  tutto
questo. 
    Il Regolamento di attuazione del testo unico immigrazione. (artt.
da 20 a 23 del d.P.R. 31.8.1999 n. 394) contiene alcune  prescrizioni
in materia di modalita' di trattenimento e funzionamento dei  Centri;
ma e' il caso di ricordare che il Regolamento non e'  una  «legge»  e
come  tale  non  puo'  soddisfare  la  riserva  dell'art.  13   della
Costituzione,  e  -  in  secondo  luogo  -  si  tratta  comunque   di
indicazioni insufficienti e problematiche. 
    Riferendosi al principio di riserva di legge,  codesta  Corte  ha
infatti  chiarito  che  esso  non  puo'   ovviamente   tradursi   nel
riconoscimento di «una potesta' illimitata del legislatore ordinario,
rimanendo esso sempre sottoposto al controllo di questa Corte per  la
eventualita' che, nel disporre limitazioni ai  diritti  di  liberta',
incorra in una qualsiasi violazione delle norme  della  Costituzione»
(sentenza della Corte costituzionle n. 27/1959). 
    Dunque non v'e' una  legge,  ma  solo  regolamenti;  quanto  alle
concrete modalita' di attuazione della misura essi rimandano a  fonti
ulteriormente subordinate. 
    Il principio di riserva  di  legge  e'  radicalmente  compromesso
dalla disciplina legislativa del trattenimento nella  parte  in  cui,
oltre ai «casi», non disciplina i «modi» di incisione della  liberta'
personale, diritto inviolabile di ogni uomo. La gestione dei  Centri,
per quanto sostanzialmente attiene al loro funzionamento in concreto,
e' disciplinata da un capitolato di appalto,  approvato  con  decreto
ministeriale del 21 novembre 2008 e non da una legge. 
    «In  ottemperanza  alle  disposizioni   contenute   nella   legge
241/2004, i locali per lo  svolgimento  delle  udienze  di  convalida
risultano essere a disposizione della Questura».  In  tal  senso,  il
Ministero dell'interno  ha  recentemente  proposto  in  un  documento
programmatico che, «in collaborazione con i locali uffici del Giudice
di pace competente, all'interno di tutti i C.I.E.  siano  predisposte
aule idonee per lo svolgimento delle udienze di  convalida,  evitando
cosi' alle Questure un sovraccarico di compiti per  l'accompagnamento
degli stranieri presso le aule giudiziarie  ed  evitare,  quindi,  un
maggiore dispendio di risorse umane.». 
    Ed  il  Ministero  dell'interno   auspica   che,   in   sede   di
concertazione con l'Amministrazione della  Giustizia,  si  valuti  la
ricerca di soluzioni che contribuiscano al perseguimento degli  scopi
indicati.   Non   infrequenti   risultano,   secondo   il   Ministero
dell'interno, gli episodi di sedizione e rivolta  che  si  registrano
all'interno dei Centri. Essi si manifestano in  condotte  violente  e
antisociali da  parte  di  alcuni  ospiti,  che  spesso  sfociano  in
danneggiamenti severi delle strutture,  con  conseguente  perdita  di
ricettivita'  delle  stesse  o,  a  volte,  necessita'  di   chiusure
temporanee per provvedere al ripristino a  causa  di  reati  commessi
all'interno dei C.I.E.,  caratterizzati  da  condotta  violenta,  per
poter attribuire ad autorita' amministrative singole (il  prefetto  o
il questore) o collegiali (costituite all'interno dei  C.I.E.,  come,
ad  esempio,  consigli  di  disciplina  partecipati  da  prefetto   e
questore), il potere di intervenire in caso  di  episodi,  attuali  o
potenziali, di insurrezione o di grave danneggiamento, disponendo, in
via   cautelativa,   con   provvedimento   motivato,   di   carattere
amministrativo, sottoposto al controllo di legittimita'  del  giudice
di pace, il trattenimento degli autori, per brevi periodi  di  tempo,
in  aree  differenziate  della  struttura,  quando,  sulla  base   di
riscontri oggettivi, il provvedimento stesso risulti  ragionevolmente
idoneo a prevenire il danneggiamento delle strutture e a garantire la
sicurezza degli ospiti, ovvero a scongiurare  la  reiterazione  degli
atti compiuti.». «Al riguardo, va anche  precisato  che,  poiche'  la
totale assenza di attivita' all'interno dei Centri, che si  sostanzia
in un ozio forzato, comporta un aumento di aggressivita' e  malessere
e si traduce in un aumento  di  episodi  di  tensione  tra  immigrati
trattenuti e forze dell'ordine, modalita' di trattenimento distinte e
una diversa suddivisione degli spazi permetterebbero agli  ospiti  di
trascorrere il tempo in maniera costruttiva, con la  possibilita'  di
svolgere,  in  un  contesto  piu'  armonico  e  gradevole,  attivita'
ricreative e sportive. 
    Nella medesima prospettiva potra' essere  valorizzata,  da  parte
degli enti gestori, l'attuazione di quanto previsto dalle  specifiche
tecniche di cui all'allegato 1D dello Schema  di  Capitolato  per  la
gestione dei Centri di accoglienza, riguardanti  i  servizi  generici
alla persona soggiornante  nei  C.I.E.,  in  particolare  il  punto 1
lettera d)/ ai sensi  del  quale  l'associazione/cooperativa  che  si
occupa della gestione del centro e' tenuta a  «organizzare  attivita'
di animazione socio culturale mediante la partecipazione  attiva  dei
beneficiari, nonche' quelle dedicate all'espletamento delle  funzioni
religiose. Ai  fini  dell'espletamento  del  servizio  e'  necessario
garantire uno  spazio  fisico  adeguato  come  luogo  di  riferimento
tenendo conto in particolare delle categorie vulnerabili». 
    «Cio' va sottolineato a fronte di un diffuso  disinteresse  degli
ospiti verso le proposte di attivita' per l'impiego del tempo, che si
registra all'interno  dei  Centri;  mentre,  d'altro  canto,  non  e'
infrequente la  necessita'  per  le  forze  dell'ordine  di  limitare
l'utilizzo degli impianti sportivi all'aperto allo scopo di  impedire
assembramenti e tentativi di fuga.  Affinche'  sia  sempre  garantito
l'utilizzo   di   tali   impianti,   e'   pertanto   auspicabile   la
predisposizione di un sistema di difese passive all'interno  di  ogni
C.LE., in modo da  scongiurare  sul  nascere  i  tentativi  di  fuga,
attualmente assai frequenti.». Si riporta la sottostante tabella  del
Ministero dell'interno 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
III) Non manifesta infondatezza della questione. 
    Con riferimento alla non manifesta infondatezza questo giudice la
ritiene sussistente in base alle considerazioni che seguono. 
    Come  gia'  si  e'  espresso   il   Consiglio   Superiore   della
Magistratura nel parere del 21/10/2004, con il quale  ha  evidenziato
che  «viva  preoccupazione  suscita  la  norma  cui  al  comma  5-ter
dell'art. 13 T.U. introdotta dal  decreto-legge  in  esame:  tale  no
attribuisce    impropriamente    ad    organi    dell'amministrazione
dell'interno e non al Ministero  della  giustizia  (art.  110  Cost.)
compiti di organizzazione  dei  servizi  della  giustizia  ed  appare
idonea   a    condizionare    l'esercizio    della    giurisdizione»,
pregiudicandone altresi' l'immagine di  imparzialita'.  Peraltro,  di
fronte ai diritti fondamentali di liberta' posti in gioco,  non  puo'
non assumere preminenza l'esigenza di assicurare  tutte  le  garanzie
ordinamentali e processuali a soggetti che, per  la  loro  intrinseca
condizione personale, costituiscono  a  tutti  gli  effetti  soggetti
deboli. E in questa ottica  non  puo'  non  mettersi  in  rilievo  la
necessita' che al giudice di pace, chiamato  ad  occuparsi  di  detti
procedimenti  siano  assicurati  lo  status  e  la   professionalita'
adeguati ed un'organizzazione dell'ufficio  in  grado  di  assicurare
certezza  ed  omogeneita'  degli   indirizzi   giurisprudenziali   ed
efficienza e celerita' nella risposta giudiziaria. 
    Il decreto-legge 14 settembre 2004, n. 241,  oltre  a  riscrivere
l'art. 13, comma 5-bis (inserendo altresi' un nuovo  comma  5-ter)  e
l'art. 14, comma  4  T.U.,  ha  trasferito  al  giudice  di  pace  la
competenza  sui  ricorsi  avverso  i  provvedimenti   di   espulsione
amministrativa e sulle convalide dell'accompagnamento  coattivo  alla
frontiera e del trattenimento nei centri di permanenza temporanea  ed
assistenza, modificando conseguentemente l'art.  11  della  legge  21
novembre 1991, n. 374 e succ. mod. in tema di indennita' spettanti al
giudice di pace. 
    Tale  disposizione  (art.13  comma  5-ter  d.lgs.  n.   286/1998)
dovrebbe essere emendata  riportando  all'interno  degli  uffici  del
giudice di pace, o di locali ad esso riferibili, lo svolgimento delle
udienze  relative  alle   convalide   dei   giudici   di   pace   dei
trattenimenti,  degli  stranieri  espulsi,   presso   i   centri   di
identificazione ed espulsione, configurandosi in caso  contrario  una
evidente lesione del diritto di  difesa  di  cui  all'art.  24  della
Costituzione (il cui esercizio e' riconosciuto anche  allo  straniero
irregolarmente soggiornante in Italia - cfr. Corte costituzionale  n.
198/2000) e del dovere di imparzialita' e di parita'  davanti  ad  un
giudice  terzo  (art.  111  della  Costituzione).  D'altra  parte  la
previsione normativa di cui all'art. 13 comma  5-ter  del  d.lgs.  n.
286/1998 non puo' non porre in dubbio il giudice sulla non  manifesta
infondata illegittimita'  costituzionale  della  stessa,  che  appare
disattendere la norma dell'art.  97 della Costituzione, in base  alla
quale i pubblici uffici  sono  organizzati  secondo  disposizioni  di
legge,  in  modo  che  siano   assicurati   il   buon   andamento   e
l'imparzialita'  dell'amministrazione,in  quanto  non  garantisce  in
concreto, nei locali dei  centri  di  identificazione  ed  espulsione
predetti entrambi gli aspetti ordinamentali. 
    L'interpretazione, d'altra parte, della norma di cui all'art.  13
della  Costituzione,  secondo  la  quale  la  liberta'  personale  e'
inviolabile  e  non  e'  ammessa  alcuna  forma  di  detenzione,  ne'
qualsiasi restrizione della  liberta'  personale,  se  non  per  atto
motivato dell'autorita' giudiziaria e nei soli casi e  modi  previsti
dalla legge,  non  puo'  sottovalutare  la  condizione  dello  stesso
giudice di  pace,  per  il  quale,  come  riconosciuto  dallo  stesso
Consiglio  Superiore  della  Magistratura  nel  predetto  parere  del
21/10/2004,  la  scelta  legislativa  di  attribuire  la   competenza
predetta non e' distonica rispetto ai principi affermati dalla  Corte
costituzionale, creando in capo ad uno dei giudici che esercitano  la
funzione giurisdizionale nell'ambito dell'ordinamento (il giudice  di
pace)  una  competenza  specifica  in  materia   di   convalida   dei
provvedimenti di accompagnamento e di trattenimento,  i  quali,  come
gia' rilevato, sono strettamente collegati tra loro quanto  a  natura
ed a funzione prevenzionale. 
    In particolare, sotto il profilo dell'individuazione  dell'organo
giurisdizionale  competente  nel  giudice  di  pace,  da  coloro  che
sostengono questa prima  impostazione  si  rileva  che  la  legge  21
novembre 1991 n. 374, istitutiva del giudice di pace, non esclude che
a  tale  magistrato  possa   essere   affidata   la   competenza   su
provvedimenti che abbiano ricadute sulla liberta' personale. La Corte
costituzionale,d'altra  parte,  con  la  sentenza  n.   223/2004   ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 5-bis,
del T.U. n. 286/1998 (introdotto  dall'art.  2  del  decreto-legge  4
aprile 2002, n. 51, convertito,  con  modificazioni,  nella  legge  7
giugno 2002, n. 106),  nella  parte  in  cui  non  prevedeva  che  il
giudizio di convalida del provvedimento di  accompagnamento  coattivo
alla frontiera dello straniero irregolarmente soggiornante in  Italia
doveva  svolgersi  in  contraddittorio  prima   dell'esecuzione   del
provvedimento stesso e con le garanzie della difesa. Il decreto legge
interviene sulle norme degli artt.13 e 14 del d.lgs. 25  luglio  1998
n.   286   che   disciplinano    rispettivamente    la    «espulsione
amministrativa» e la «esecuzione dell'espulsione» dello straniero, le
quali,  prima  dell'intervento   della   Corte   costituzionale,   si
articolavano in provvedimenti (decreto di  espulsione  del  prefetto,
art.  13  comma  3,  accompagnamento  alla  frontiera  disposto   dal
questore, art. 13 comma 5, provvedimento di trattenimento  in  centro
di permanenza  temporaneo,  art.  14,  comma  1)  assunti  a  seguito
dell'espletamento di appositi procedimenti amministrativi. 
    Puo'    dunque    affermarsi    che    il    regime     giuridico
dell'accompagnamento  alla  frontiera,  pur  permanendone  la   fonte
amministrativa, e' oggi ricondotto nell'ambito  della  giurisdizione,
interessando  il  provvedimento  il  bene  della  liberta'  personale
dell'individuo, come tale sottoposto alle garanzie previste dall'art.
13   della    Costituzione.    L'accompagnamento, infatti,    secondo
l'impostazione gia' accolta dalla Corte costituzionale  10.4.2001  n.
105 (pronunziata a  proposito  della  legittimita'  della  norma  che
prevede  il  trattenimento  presso  i  centri   di   permanenza,   ed
espressamente richiamata dalla sentenza n.  222/04),  «presenta  quel
carattere  di  immediata  coercizione  che  qualifica,  per  costante
giurisprudenza  costituzionale,   le   restrizioni   della   liberta'
personale e che vale a differenziarle  dalle  misure  incidenti  solo
sulla liberta' di circolazione» e  che  non  [puo']  «essere  assunto
dall'autorita'  di  polizia  come  pienamente  legittimo   e   ancora
eseguibile quando il  giudice  ne  abbia  accertato  l'illegittimita'
ponendo  proprio  tale  accertamento  a  fondamento  del  diniego  di
convalida». Gli argomenti che precedono, confermando la rilevanza  ai
fini del  decidere  della  questione  proposta  e  la  non  manifesta
infondatezza della stessa, inducono questo giudice  a  rimettere  gli
atti alla Corte costituzionale per le valutazioni di  competenza  non
essendovi  possibilita'  di  dare  al  testo  legislativo   censurato
un'interpretazione costituzionalmente orientata ed avendo esposto  le
ragioni che  impediscono  di  pervenire  ad  un  risultato  idoneo  a
superare i dubbi  di  costituzionalita',  essendo  stati  evidenziati
inconvenienti di diritto, scaturenti dall'interpretazione delle norme
censurate, che non sono estranei al controllo di costituzionalita'.